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“Il pericolo della frutta e della fermentazione degli zuccheri, specialmente a cena”

  • Immagine del redattore: iveta-semetkova
    iveta-semetkova
  • 20 ott 2017
  • Tempo di lettura: 4 min

di Maria Rosa Di Fazio, medico oncologo, dal suo libro “Le Ricette di Mangiare Bene per Sconfiggere il Male”

Prendendo a modello la struttura di un “supermercato tipo”, la prima area in cui ci imbattiamo è di norma quella dedicata ai vegetali e alla frutta. Bene, questo è lo spazio al quale dovete dedicare più tempo e anche la parte preponderante della vostra spesa! È sottinteso che per questi alimenti sarebbero da preferire i banchi di un verduraio di fiducia, dal momento che i suoi prodotti hanno una “catena” distributiva e di refrigerazione più corta, ma capisco bene come sia più comodo per tutti concentrare la spesa in un’unica occasione d’acquisto.


Detto questo, mettiamoci bene in testa che “frutta e verdura” non sono una categoria unica, come sento ripetere frettolosamente o per convenzione in tv o sui giornali. Anche da miei colleghi in camice bianco. Questa generica e onnicomprensiva espressione è invece superficiale e fuorviante dal punto di vista nutrizionale. Dirò di più: è una generalizzazione sbagliata e di conseguenza anche potenzialmente pericolosa se non si rispettano le giuste proporzioni. Perché pur essendo tutti prodotti della terra, sono altresì alimenti molto diversi tra loro.

Questo significa che in un corretto e sano regime alimentare va dato loro il rispettivo e giusto “peso”. Non a caso io capovolgo anche l’ordine di menzione di questi prodotti, parlando sempre di “verdure e frutta”. Avrete infatti sentito dire che per godere di buona salute bisogna mangiare almeno cinque porzioni al giorno di questi prodotti. Il numero delle porzioni è corretto, lo confermo, ma dalla mia esperienza professionale io dico che bisogna avere ben chiaro il “quanto” di verdura, così come quello della frutta. Perché, ripeto, non sono la stessa cosa.

Il “quanto”, per me, significa un’unica porzione di frutta giornaliera, di un unico tipo per volta, soltanto al mattino, mai a fine pasto e mai e poi mai alla sera, dopo cena. A certe persone, in base alle loro condizioni fisiche, consiglio di non mangiarla nemmeno tutti i giorni. Mentre ai malati oncologici con patologia in atto, o ad alto rischio di ricaduta, sono quasi sempre costretta a toglierla del tutto, in modo definitivo.

Il perché è molto semplice: perché la frutta, insieme a tante cose senz’altro buone, come per esempio le vitamine, ci apporta anche, purtroppo, un elevato quantitativo di zucchero, il fruttosio, che come tutti gli zuccheri non è per nulla benefico. Studi recenti sul funzionamento del nostro microbiota intestinale – da dove parte tutto, il buono e il cattivo! – ci confermano in modo inequivocabile l’effetto “acidificante” del fruttosio. Con conseguenze spesso disastrose, pensando che le cellule tumorali si nutrono soprattutto di zucchero (oltre che di ossigeno e di alcuni fattori di crescita)!

Argomento tabù, quello della frutta in eccesso. Quando lo dico ai miei pazienti in prima visita, la loro reazione immediata è di incredulità: “Eh già, dottoressa, adesso dobbiamo andarci piano anche con la frutta!”. Ma come faccio sempre, di fronte allo stupore di chi ho davanti, ho l’abitudine di spiegare altrettanto puntualmente i perché dei miei “Sì”, dei miei “No” e ovviamente anche dei miei “Ni”. Spiego loro come possa insorgere una malattia, come si muovano le nostre cellule buone e quelle malate, da che cosa possano partire pericolosi stati infiammatori, o ancora come lavorino bene (oppure male) i miliardi di microbi e batteri che popolano il nostro microbiota intestinale. Lo faccio nel modo più semplice possibile, ricorrendo a semplici schizzi fatti al momento, in grado però di essere compresi anche da un non addetto ai lavori. Schizzi che poi i pazienti – illuminati da verità che nessuno gli aveva mai rivelato – mi chiedono di poter portare via con sé. “Sa dottoressa, questo adesso lo devo mostrare a quella testona di mia figlia per cercare di farle capire dove e perché sbaglia”.

Convinta come sono che anche la Narrazione faccia parte degli indispensabili strumenti di un buon medico, quando visito io ricorro spesso al racconto. Racconto per esempio quali e quanti disastri abbia visto in quasi un quarto di secolo di professione. Disastri provocati da eccessi quasi compulsivi di un alimento piuttosto che di un altro. Incluso appunto quello quotidiano e incontrollato di frutta, per di più negli orari sbagliati e nelle peggiori combinazioni come lo è, per esempio – pessima e diffusissima abitudine italiana! – quella con il pane o con cereali come pasta e pizza.

Peggio che peggio a cena, perché agli zuccheri di pane, pasta e pizza si vanno così ad aggiungere quelli della frutta, innalzando pericolosamente il picco glicemicoproprio nelle ore notturne, quando cioè il nostro metabolismo se la dorme della grossa e non brucia più nulla. Con conseguente formarsi di putrescina e quindi della cosiddetta bolla gastrica che, a sua volta, potrà andare a fare pressione a livello cardiaco.

Ho anni di esperienza di Pronto soccorso notturno e so bene quello che dico: il picco delle emergenze cardiache, con le fibrillazioni atriali, si registra nelle ore notturne. E quasi sempre, se poi si va a “indagare”, all’origine dell’evento salta fuori la medesima verità: una cena ricca di zuccheri come quella che ho appena descritto, e cioè a base di cereali, frutta, magari anche di un dessert, con il “tocco” di una bibita gassata dolce o di una birra.

Estratti dal libro “Le Ricette di Mangiare Bene per Sconfiggere il Male” di Maria Rosa Di Fazio, medico oncologo


 
 
 

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