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L’umano è uno e molteplice

  • Immagine del redattore: iveta-semetkova
    iveta-semetkova
  • 24 set 2017
  • Tempo di lettura: 3 min


L’uomo non è né buono né cattivo. Ha in sé tutte le possibilità.

In ciascuno c’è il peggio e il meglio, che possono esprimersi secondo le condizioni nelle quali si trova. Quanti sono divenuti boia là dove si praticava la tortura, si esercitava un dominio crudele. In un altro contesto essi sarebbero stati dei cittadini pacifici. Quanti sono diventati quegli eroi, quei santi che essi non sarebbero mai stati se fossero vissuti in condizioni senza eventi particolari, senza problemi e senza tragedie sociali. Cosa sarebbero stati Robespierre, Saint-Just, Bonaparte senza le bufere della Rivoluzione francese in lotta contro i suoi nemici? Quando si riconosce la complessità umana, si comprende che non si può fare banalmente della politica come se noi fossimo dei puri oggetti economici, misurati dal PIL o dalla crescita. La conoscenza dell’umano attraverso il calcolo è estremamente limitata poiché questa conoscenza, evidentemente, ignora il sentimento, la gioia, l’amore.

Non si può calcolare l’amore, non si può calcolare il dolore. Avere una concezione complessa significa avere dentro di sé, in profondità, una visione più umana degli individui, è avere una possibilità di comprensione che abitualmente ci fa difetto poiché abbiamo la tendenza ad auto giustificarci e a riportare sull’altro il male, la colpa, l’errore, il vizio. Avere una concezione più umana significa avere una concezione complessa, poiché questa ci insegna a vedere molteplicità e diversità nell’unità individuale, e a vedere che un individuo non dovrebbe essere colto nel peggio di se stesso. Se non si insegna agli umani ciò che sono, c’è una lacuna estremamente grave, c’è una mancanza di auto-conoscenza estremamente nociva. È una delle più grandi fonti d’errore, di illusioni, su noi stessi e per le nostre vite.

Dei secoli barbari, compresa la nostra storia recente, hanno ignorato l’umanità degli altri, l’umanità di un’ altra etnia, di un’ altra origine o di un’ altra religione. E questa barbarie ricomincia … È certo che la conoscenza dell’umano si impone in tutta la sua complessa ricchezza e che può contribuire a migliorare le relazioni fra gli umani, che sono barbare non solo fra i popoli, fra le religioni, ma sovente in uno stesso ufficio, in una stessa università. Le relazioni diventano barbare quando si percepisce l’altro solo con: “Ah, è un coglione! Ah, è uno stronzo! “. Quando si riduce l’altro a un cane, un porco, un’immondizia. I nemici della comprensione sono l’indifferenza, il disprezzo, l’odio. La comprensione comporta il riconoscimento e il sentimento di una umanità comune con gli altri, e nello stesso tempo il rispetto della loro differenza. Se si comincia ad analizzare quella cosa che gli inglesi chiamano self deception, il mentire a se stessi, si è già sulla buona strada; se si comprende che noi stessi abbiamo carenze, difetti, mancanze, si è molto più pronti a comprendere che anche l’altro possa avere difetti e mancanze.

Si insegnano delle conoscenze, ma non si insegna mai che la conoscenza è una fonte permanente di errori e di illusioni, presi per certezze, talvolta per secoli. Bisogna introdurre la vigilanza contro tutti questi errori e queste illusioni che proliferano nella storia umana, compresa la storia attuale, anche se questa vigilanza non può eliminare ogni errore e ogni illusione. Occorre insegnare la comprensione umana concependo l’essere umano nei suoi differenti aspetti, i migliori come i peggiori.

L’educazione è insegnare ad affrontare la vita. Avere un mestiere è importante per vivere; certo, apprendere la grammatica, l’ortografia e alcuni elementi di fisica, di chimica, è importante, ma qual è la cosa più importante? È sbagliare il meno possibile, cadere il meno possibile in false illusioni nella propria vita personale, nelle proprie scelte tanto matrimoniali quanto amicali, professionali, politiche e altre ancora. È per questo che bisogna comprendere gli altri e a nostra volta dagli altri essere compresi. Bisogna accettare la complessità dell’umano, contestualizzare sempre e non chiudersi in alcune certezze. Oggi, anche le scienze più avanzate affrontano delle incertezze, come la microfisica e la cosmofisica. La nostra stessa vita è molto incerta e altrettanto lo è il futuro dell’umanità. È per questo che l’insegnamento deve includere come affrontare queste incertezze.

Lezioni sul Pensiero Globale, Edgar Morin, Raffaello Cortina editore


 
 
 

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