Ascoltami dottore
- iveta-semetkova
- 5 mar 2017
- Tempo di lettura: 3 min

Dietro ogni malattia c’è il vissuto della persona che va ascoltata. Da lì può ripartire la guarigione.La salute è legata alla storia personale. Vivere, gioire, soffrire, ammalarsi, guarire non è solo questione di pillole. Di mezzo c'è il vissuto della persona. Esami, visite, test, prelievi, accertamenti di ogni genere. Quanto però ci sentiamo veramente ascoltati dai medici? E quanto i camici bianchi sanno ascoltare i pazienti? Domande collegate anche all'ascolto che ciascuno dedica a se stesso, specialmente nei momenti difficili e quando si ha un disturbo fisico, dal 'semplice' mal di testa a malattie importanti. In realtà, tutti i segnali del nostro corpo hanno importanza, c'interpellano e ci invitano a metterli in relazione con la nostra vita. Non siamo fatti in stile Ikea, né siamo macchine. E il dottore non è un meccanico, che ci misura e fa il tagliando. Dietro ogni disturbo fisico, di solito c'è una storia. Un racconto che è bene tirar fuori, con noi stessi e davanti al medico. Da una quindicina d'anni si parla anche di "medicina narrativa", che pone al centro la persona nel suo insieme e i suoi trascorsi esistenziali, non solo i sintomi. Eccessiva frammentazione delle visite mediche, che aumenta il numero di farmaci ed esami e allunga i tempi di diagnosi e degenza. Colpa della iper-specializzazione sanitaria, in cui il paziente è trattato "a pezzi", anziché come realtà unica, unitaria e complessa.È tempo ormai che la medicina oltrepassi il suo ristretto orizzonte, limitato a basi teoriche che non contemplano che una persona in condizione di disequilibrio possa attivarsi con le proprie risorse per riguadagnare la salute.Pochi dottori ascoltano i bisogni dei malati e solo uno su 10 (il 22%) instaura un rapporto empatico con gli assistiti. Ecco allora che mediamente una visita non dura più di 9 minuti e già dopo 20 secondi il racconto del paziente viene interrotto dalle domande del medico, che per due terzi del colloquio - tiene gli occhi incollati al computer. Oggi la tecnologia permette alle persone di vivere meglio e più a lungo. «Ma questo non deve oscurare la dimensione soggettiva che può migliorare la cura , il rischio è quello di ridurre la medicina soltanto alla cura degli aspetti bio-metrici. Non si tratta di rigettare la medicina tecnologica, ma di integrarla e riconoscere in quella specifica condizione il soggetto e il malato, in un percorso di cura il più personalizzato possibile, come il sarto che cuce il vestito addosso alla persona. Mentre oggi il rischio nella medicina è quello della taglia unica, o della macdonaldizzazione, come i fast food che servono cibo standard uguale in tutto il mondo. È molto più importante riconoscere che tipo di malato ha quella malattia piuttosto che cercare di capire che tipo di malattia ha quel malato, un gioco di parole detto da uno dei padri della medicina scientifica moderna, William Osler, vissuto in epoca positivista e faceva già questo richiamo. Se ascoltiamo con attenzione il paziente, gran parte del lavoro diagnostico è già fatto, lo dicevano grandi medici del passato». Quando andiamo dal dottore, allora, se non ha tempo per noi, aiutiamolo: è una brutta malattia! Una "esplosione" della medicina specialistica che ha di fatto spezzettato i pazienti in tanti frammenti. In Italia l'assistenza sanitaria continua a essere organizzata su un modello centrato su singoli apparati e singole malattie, mentre oggi l'emergenza da affrontare è rappresentata da un'epidemia di malati con due o più malattie croniche in grado di interferire l'una con l'altra, che andrebbero gestite con un approccio globale completamente diverso, da troppi medici sono più spesso sottoposti a esami inappropriati o ripetuti, ma soprattutto a politerapie costose e perfino rischiose». È il frutto avvelenato del dio denaro, che spinge molti a fare solo business con la sanità, e del dogma scientista, che vede la persona come macchina e considera solo i dati fisici e biologici.
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